Lo scontro in tribunale tra Ripple e la SEC non vuole cessare. La posta in gioco è decisamente alta, soprattutto per la società che gestisce XRP. Tanto che l’ingiunzione e le accuse dell’autorità hanno causato danni enormi. Ma adesso ci risiamo con altre accuse ed altre polemiche. Infatti pare che Ripple non vuole dare i documenti alla SEC. Non si riesce a capire se questa è un presa di posizione della società. Oppure c’è altro che i dirigenti Ripple hanno intenzione di nascondere.
Ripple vs SEC: Una storia senza fine
Prima di vedere la crypto news di oggi, facciamo prima un excursus di quello che è stato. Non è un mistero che tra US Securities and Exchange Commission e Ripple non scorre buon sangue. Tantissime volte vi abbiamo parlato di “botta e risposta” tra l’autorità e la società. L’idea di Ripple è stata espressa nel 2004. Mentre solo nel 2012 il progetto è iniziato a prendere forma. Non solo l’autorità non “ama” Ripple, ma anche coloro che credono nella decentralizzazione. Questo perché Ripple non è basato su blockchain. Ma su database di registro distribuito. Lo scontro formale è partito a dicembre 2020 quando la SEC cita in giudizio Ripple.
L’accusa della SEC a Ripple
Molti sanno che Ripple è accusato di essere un titolo finanziario non registrato. E dunque illegale negli USA e non una semplice criptovaluta. Inoltre la SEC attacca la società sulla basa di aver venduto titoli non registrati. Quando ha venduto il token digitale XRP agli investitori di tutto il mondo. Un’accusa respinta fortemente dal CEO della società. Tuttavia Garlinghouse non è riuscito a frenare un giudizio che si fa sempre più vivo.
Lo scontro tra Ripple e la SEC continua a non placarsi. Infatti l’autorità insiste ad accusare con una lettera fatta recapitare al giudice che sta guidando la causa. Si sottolinea il comportamento presumibilmente sbagliato di Ripple e del suo management. In cui si afferma che c’è sicuramente qualcosa che non va. Un documento che include accuse davvero pesanti nei confronti di questa criptovaluta.
Ripple vs SEC: Ci risiamo
Un avvocato senior presso la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti ha attaccato nuovamente Ripple. Infatti afferma che né il CEO Brad Garlinghouse né il co-fondatore Chris Larsen di Ripple hanno fornito documenti alla SEC. Questi sono relativi ai loro conti sulle borse estere. Pare che i due dirigenti si rifiutano di consegnare questi fogli. Nonostante attribuiscano “un peso significativo” al fatto che stavano commerciando al di fuori degli Stati Uniti nelle loro proposte di licenziamento.
Sulla base della sua analisi forense. La SEC afferma che Larsen e Garlinghouse hanno trasferito centinaia di milioni di token XRP. Ad almeno una dozzina di piattaforme di trading straniere oltre a quelle domiciliate negli Stati Uniti.
Una sfida che non cesserà a breve
Non possiamo sapere cosa succederà e come andrà la causa. Soprattutto adesso dopo che Ripple si sia rifiutato di dare i documenti alla SEC. Ma possiamo dire quasi con certezza Ripple non scomparirà, come vorrebbe la SEC. Anche se la società dovesse perdere la causa contro la SEC. Il suo business model è sulle rimesse ed è molto redditizio. Ad oggi la stanno facendo da padrone e sembrano non avere rivali. Difatti Ripple è un’alternativa rapida, meno costosa e più scalabile. Ad altre risorse digitali e piattaforme di pagamento monetario
Lo scontro tra SEC e Ripple è un esempio di quanto il sistema legislativo sia mediocre e inadatto. L’autorità lamenta dei fatti poco chiari e di un’attività ritenuta illegale. Ma questa illegalità non è provata. Perché non c’è una regolamentazione che stabilisce cosa si può fare e cosa no. Quindi la SEC invece di continuare questa crociata contro Ripple. E’ bene che inizi un iter e che spinga i legislatori a procedere ad una normativa chiara ed efficace. Non è possibile che si viaggi ancora alla cieca. Dove ognuno può fare quello che vuole. Tranne il giorno in cui l’autorità non si svegli e decida di accusare per dei fatti tutti da vedere.