E’ stato finalmente smascherato dalla Polizia Postale italiana l’hacker di criptovalute che ha truffato oltre 230 mila risparmiatori. L’autore del più grande attacco cyber-finanziario in Italia, nonché uno dei più grandi mai realizzati nel mondo nel settore crittografico, è un fiorentino di 34 anni. L’uomo è responsabile di un “buco” pari a 120 milioni di euro sulla piattaforma informatica hackerata Bitgrail. L’hacker è accusato di frode informatica, auto-riciclaggio e bancarotta fraudolenta.
Chi è l’hacker di criptovalute?
Secondo le informazioni, l’hacker è un 34enne della provincia di Firenze. Le sue iniziali sono F. F. (per motivi di privacy non è stato rivelato il nome reale). Ed è l’amministratore unico di una società italiana che gestisce una piattaforma di scambio di criptovalute. E’ stato ritenuto responsabile di una frode informatica di 120 milioni di euro, di bancarotta fraudolenta e di auto riciclaggio.
Un’indagine unica nel panorama
La polizia postale italiana pone una pietra miliare a livello mondiale nel settore delle indagini sulle criptovalute. Con un’indagine unica nel suo genere ad alto impatto tecnologico. Infatti l’attività si inquadra in una più ampia strategia finalizzata al contrasto alla criminalità economica. In particolare degli illeciti attraverso piattaforme online e di strumenti informatici. Gli investigatori hanno scoperto un grande aumento di società tecnologiche di questo tipo.
L’indagine sull’hacker di criptovalute
L’indagine è stata svolta dal Compartimento di Firenze. Con la produttiva collaborazione dei finanzieri in servizio presso la Procura fiorentina. Questa è stata avviata nel 2018, a seguito di una denuncia presentata da F. F. relativa al furto di un’ingente somma della criptovaluta Nano Xrp. Per un controvalore di circa 120 milioni di euro. Il furto è stato realizzato sfruttando un bug del protocollo Nano. Ed effettuando illecite transazioni, tutte relative a gennaio 2018.
Il coinvolgimento del denunciatario
F. F. era già noto alla polizia postale quale fornitore di criptovalute come Bitcoin. Utilizzata come strumento finanziario di pagamento nei fenomeni estorsivi ricollegabili ai virus cryptolocker. Nonostante una sua apparente collaborazione, sin dalle prime dichiarazioni ha indotto gli inquirenti a sospettare su di lui. Soprattutto a seguito di dichiarazioni contrastanti e contraddittorie. Con il trascorrere dei mesi e il proseguo dell’attività investigativa è emerso il coinvolgimento dell’uomo nei crimini contestati.
Il coinvolgimento di F.F.
Le indagini svolte hanno infatti dimostrato che le illecite sottrazioni di criptovaluta sono avvenute in più volte a partire da giugno 2017. E che F. F. consapevolmente non le ha impedite. Omettendo di implementare la sicurezza della piattaforma. Così da procurare agli hackers, non ancora individuati, un enorme ingiusto profitto. Per l’ammontare di circa 11.500.000 Xrb, equivalenti a circa 120 milioni di euro. Danneggiando più di 230.000 persone in tutto il mondo.
Un illecito nell’illecito
L’aggravante di F. F. è quella di aver tenuto aperta la piattaforma nonostante avesse individuato i prelievi illeciti di Nano Moneta. E non informare gli utenti e la community Nano. Inoltre l’uomo ha continuato ad attrarre nuovi utenti. Passati nell’arco di pochi mesi da 70.000 a circa 217.000. Beneficiando della notorietà dell’essere il primo e unico exchange italiano a trattare XRB. Approfittando altresì della circostanza dell’incremento crescente di valore della criptovaluta. Procurando a sé un ingiusto profitto corrispondente ai profitti ricavati dai depositi e dal trading.
I depositi trasferiti a Malta
Ma le indagini degli investigatori sono andate oltre. Infatti le autorità investigative hanno scoperto che l’hacker di criptovalute fiorentino ha trasferito i guadagni su un conto estero. Precisamente sul proprio conto personale di una società registrata a Malta. La quantità di denaro equivale a ben 230 cryptomonete Bitcoin. Riconducibili ai clienti della piattaforma di scambio.
Un’operazione senza precedenti
Senza dubbio si è trattato di un’operazione articolata e complessa, i cui non esistevano precedenti. Eseguita per la prima volta in Europa con tecniche innovative dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni di Firenze. Attraverso l’ideazione di un protocollo per il trasferimento della criptomoneta posta sotto sequestro.
La pericolosità dell’hacker di criptovalute
In esito alle investigazioni, il GIP ha ritenuto di accogliere la richiesta dei PM. Emettendo la misura cautelare del divieto di esercitare attività d’impresa e di ricoprire uffici direttivi di imprese già nel corso delle indagini preliminari. In quanto ha riconosciuto l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza raccolti. La pericolosità del soggetto insita nella sua incessante attività diretta a privare i creditori sociali di beni e valori. Sui quali avrebbero potuto soddisfare il proprio credito. E il rischio che F. F. potesse agevolmente reiterare la condotta criminosa. Ponendo in essere attraverso l’esercizio d’impresa altre frodi informatiche in danno dei creditori.
Gli hacker di criptovalute sono alle strette finali
La notizia di oggi ci mette davanti un’importante evidenza: i criminali informatici sono alle battute finali. Ormai le autorità investigative possono adottare tecniche di intercettazioni e complesse attività di analisi informatiche dei database. Questi strumenti innovativi aiutano a contrastare le attività illecite in maniera più rapida. Smascherando i criminali che credevano che con le criptovalute tutto era consentito. Ma non è così, per fortuna.